Dalla Finanza Moderna alla Finanza Comportamentale: L’uso e abuso della parola “Diversificazione”
Negli ultimi 40 anni la Finanza Moderna si è basata sui principi dettati da Markowitz che gli sono valsi, nel 1990, il premio Nobel per l’Economia.
Markowitz diceva: “un buon portafoglio è qualcosa di più di una lunga lista di buone azioni e fondi. E’ un insieme bilanciato che fornisce all’investitore protezione e opportunità rispetto a numerosi fattori contingenti“.
Quindi qualcosa di più dell’abuso che, per motivi commerciali, si fa della parola “diversificazione”.
Questa parola viene spesso usata, soprattutto negli ultimi tempi, per introdurre nella lista prodotti poco “buoni” accompagnandoli con la frase “in un’ottica di diversificazione…”, o ancora, “all’interno di una diversificazione ci sta”.
Personalmente non sono d’accordo. Un buon portafoglio deve essere visto come una buona macedonia, fatta di buona frutta. Non ho mai sentito dire che un frutto acerbo o marcio stia bene in un’ottica di macedonia.
Markowitz diceva anche che, dato che l’investitore è razionale, non ama il rischio a meno che il gioco non valga la candela. Per un “ottimo portafoglio”, oltre a diversificare, bisogna guardare le correlazioni, cioè come ogni investimento si muove al muoversi degli altri.
Uno dei più grandi seguaci di Markowitz, che ne applicò subito le teorie, è stato, a metà degli anni ’70, il gestore di fondi Peter Lynch, divenuto poi il più grande gestore della storia.
Il fondo gestito da Lynch, in quattordici anni, dal 1977 al 1991 ha avuto un rendimento medio annuo del 29%. Batteva così l’indice americano per ben tredici volte in quattordici anni. Ovvero come se, puntando quattordici volte su un numero alla roulette, per 13 volte lo azzeccassimo: quasi impossibile!
Dopo 14 anni di gestione del fondo, Peter Lynch ha lasciato l’attività, dedicandosi alla filantropia.
Il motivo per il quale ha lasciato, forse, non è stata solo la filantropia. Ha influito il fatto che, nonostante gli investimenti fatti nel suo fondo raddoppiassero di valore in media ogni 2 anni e mezzo, oltre la metà degli investitori del fondo, precisamente il 52%, ha PERSO DEI SOLDI.
E’ stata proprio l’esperienza di Lynch che ha dato il via, dalla metà degli anni novanta, ad un nuovo ramo della Finanza: la Finanza Comportamentale. Questo ha portato gli studiosi Daniel Kahneman e Vernon Smith a condividere nel 2002 il Premio Nobel per l’Economia grazie alle loro teorie psicologiche in campo economico.
Era arrivato quindi il momento di riconoscere che, senza le basi psicologiche, le teorie economiche del secolo scorso non potevano reggere.
Kahneman affermava che l’individuo non era come lo voleva Markowitz, cioè razionale, bensì era “normale”.
L’individuo è ripetitivo, intuitivo ed emotivo e questo dipende dal fatto che nel suo cervello ci sono due aree ben distinte. Questo è descritto molto bene nel suo libro “Pensieri lenti e pensieri veloci”.
Una parte del nostro cervello è sempre sveglia: quella ripetitiva, intuitiva ed emotiva che non ha bisogno di energia per attivarsi.
L’altra parte è pigra: quella razionale, che ha bisogno di tanta energia per attivarsi.
L’utilizzo della parte emotiva ci porta spesso a commettere errori.
A dimostrazione di ciò vi propongo un esercizio:
un paio di scarpe e un pallone costano insieme 110 euro. Le scarpe costano 100 euro più del pallone. Quanto costa il pallone?
Datevi prima la risposta poi continuate a leggere.
Questo è uno dei giochi che propongo spesso nelle serate in cui cerco di dimostrare l’importanza della Finanza Comportamentale. La risposta sembra semplicissima. Ed è così. Tuttavia oltre il 90% delle persone, proprio perché ovvia la sbaglia! Il motivo? E’ elaborata dalla parte del cervello sempre attiva, quella intuitiva. Poiché sembra semplice non c’è bisogno di andare a svegliare l’emisfero razionale.
Ah, a proposito, la risposta giusta non è dieci euro bensì cinque euro!
A volte è come se il nostro cervello fosse “in modalità aereo” o “off-line”, cioè lasciamo dormire la parte razionale.
Tutto ciò per dire che è assolutamente comune a tutte le persone avere una parte razionale ed una emotiva. L’importante è esserne consapevoli e gestirle. Le emozioni servono ad aiutarci a prendere decisioni che a volte la ragione non riesce a prendere.
Un esempio è il “paradosso dell’asino di Buridano”. L’asino affamato al quale il proprietario aveva messo di fronte due mucchi di fieno “identici”.
L’asino, privo di emozioni, passò tutta la notte a scegliere il mucchio di fieno; non notando differenze, non scelse e morì di fame.
Oscar Wilde diceva:“il vantaggio delle emozioni è che ci traviano”.
Infatti ci aiutano a scegliere (non sempre per il meglio, ma ci aiutano).
Non c’è bisogno di essere sottoposto a risonanza magnetica mentre facciamo le scelte di natura economica, basta cominciare ad usare qualche accorgimento.
Un accorgimento è evitare gli errori comportamentali di cui parlo in un articolo sulla mia pagina facebook.
Un buon allenamento può essere quello di concentrarsi per qualche secondo e chiedersi: “sto decidendo con il cervello, il cuore o la pancia?”
Il solo pensiero ha l’effetto del giro della chiave nel quadro accensione dell’auto: si avvia l’emisfero razionale, modalità on line.
In realtà, molti libri di economia già nei secoli passati parlavano di quest’aspetto.
Questi, di cui tratterò in altri articoli, sono stati i punti di riferimento di investitori quali Warren Buffett e George Soros.
Approfondimento sulla Finanza Comportamentale
Autore Ferdinando Lettieri – Consulente ed Educatore finanziario www.ferdinandolettieri.com
Fonte immagini: stock
Fonte testo: Ferdinando Lettieri – Consulente ed Educatore finanziario www.ferdinandolettieri.com
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